L’Intelligenza Artificiale ha Stile?
Abbiamo lasciato che fosse un algoritmo a disegnare una collezione. Il risultato? Sbalorditivo. O inquietante. O entrambe le cose.
Nel 1999, quando la stilista belga Ann Demeulemeester disse che “la moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. È nella strada, è nell’aria”, forse non immaginava che un giorno sarebbe stata anche… nel codice.
Siamo nel 2025, e oggi la domanda più provocatoria che possiamo farci non è cosa indossare, ma chi l’ha disegnato davvero. Perché in un mondo in cui l’intelligenza artificiale può scrivere poesie, fare diagnosi mediche e comporre sinfonie, era solo questione di tempo prima che entrasse nel nostro guardaroba.
Così, ci siamo chiesti: può una macchina avere gusto?
Abbiamo deciso di scoprirlo creando una collezione di moda totalmente firmata da un’intelligenza artificiale generativa. Nessun creativo umano ha tracciato una linea, scelto un tessuto o definito un moodboard. Solo algoritmi, training su milioni di immagini, e un’ossessione per il concetto di bellezza calcolata.
Il risultato? Una capsule visionaria che sembra uscita da un sogno techno-gotico: silhouette liquide, tessuti impossibili, accessori che fluttuano come glitch nel reale. Alcuni outfit sono inquietanti nella loro perfezione sintetica. Altri, semplicemente, troppo “giusti” per essere veri.
Ma se la moda è specchio del tempo… forse oggi è il tempo stesso a essere un algoritmo.
Una macchina può vestirci. Ma può capirci?
Dopo giorni immersa tra abiti impossibili, modelle digitali e silhouette nate da una mente che non respira, mi sono chiesta: cosa rende davvero la moda… moda?
Non è solo la forma. Non è solo la bellezza. È il gesto. Il ricordo. La pelle che si tende sotto una stoffa. Il bottone che manca perché quella sera ti sei cambiata in fretta. È il dettaglio imperfetto che racconta una storia.
La macchina può creare capi spettacolari, sì. Ma io non voglio solo indossare qualcosa di bello. Voglio sentirmi parte di qualcosa di vivo. E forse, almeno per ora, questo la AI non lo sa ancora fare.
Ma il futuro è già qui. E se ci somiglia così poco, forse è perché non ci sta imitando. Ci sta sfidando.
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